Aspetto multicolore vivo e sfaccettato della Napoli preunitaria

“Le carrozze che nel tardo pomeriggio percorrevano a gran carriera Via Chiaia; le ballerine di tarantella con le loro nacchere; le torreggianti alture e le terrazze dei giardini digradanti nello sfondo; l’isola di Capri accoccolata sulla scintillante linea delle acque; le barche da pesca, le reti, i monelli ignudi che cercavano telline fra gli scogli di Mergellina oppure si tuffavano simili a delfini per ripescare i carlini gettati in mare dagli stranieri; gli ombrosi viali della Villa Reale, dove la brezza tentava invano di strappare dalle statue le foglie di fico; il fertile e cencioso traffico sul Molo, con i cantastorie, i burattinai, i venditori di cento mercanzie, i frati questuanti, i marinai, le risate delle donne, i milioni di arance in arrivo da Sorrento, le sete e i vini solforosi della Sicilia; il frastuono carnevalesco intorno a Castel Capuano; le file di barche sulla spiaggia di Santa Lucia, con i frutti di mare disposti con fine decorativo per stuzzicare l’appetito, insieme a festoni di limoni rischiarati di sera dalle vacillanti lampade; e, di notte, le lunghe collane di diamanti gialli splendenti sullo sfondo di velluto della baia, sotto la minacciosa collina incoronata di fiamme cremisi…questo era l’aspetto multicolore, vivo, sfaccettato di Napoli”.1

Così descrive Napoli lo storico inglese Harold Acton, beninteso, la Napoli preunitaria, la Napoli della dinastia dei Borbone. In proposito, nel suo accurato saggio Gli ultimi Borboni di Napoli, Acton, citando il collega storico e filosofo Thomas Carlyle, così puntualizza: “Dopo tutto, la Storia è la vera Poesia; e la realtà, se interpretata nel modo esatto, è più grande del Romanzo. Anzi, nella giusta interpretazione della Realtà risiede l’autentica poesia. E io presumo di poter asserire senza arroganza che la mia è la giusta interpretazione della storia dei Borboni di Napoli”.2 Una puntualizzazione che lo storico inglese ha ritenuto necessaria, a fronte dell’interpretazione faziosa se non settaria rovesciata sui Borbone dalla storiografia post unitaria, tanto agiografica nei confronti dei Savoia fino a stravolgerne la vera consistenza umana e politica, quanto fanatica nella damnatio memoriae dei Borbone. Purtroppo, come osservato dal grande Denis Mack Smith3, “vi è una tendenza generale a giustificare i vincitori e a condannare i vinti. Io [scrive Acton] ho tentato di ristabilire l’equilibrio”.4

Sappiamo purtroppo come Napoli sia oggi svilita da gente di infimo rango umano e sociale, eppure, economicamente e finanziariamente, Napoli contribuì alla ricchezza dell’Italia Unita più di qualunque altro Stato preunitario. I dati e le cifre sono riportati da Francesco Saverio Nitti in Nord e Sud (1900), come in altri scritti mai confutati.5 In particolare, nella sua Scienza delle Finanze, Nitti fornisce il computo della ricchezza dei diversi Stati al momento dell’unificazione: Regno delle Due Sicilie 443,2 milioni di lire oro, Lombardia 8,1, Ducato di Modena 0,4, Romagna, Marche e Umbria 55,3, Parma e Piacenza 1,2, Roma 35,3, Piemonte, Liguria e Sardegna 27, Toscana 84,2, Veneto 12,7. In tal modo, contro i 443 milioni in oro corrisposti all’atto delle nozze dal Regno delle Due Sicilie, il resto d’Italia, cioè oltre i due terzi della Penisola, non portò in dote neppure metà di quella somma!

Come illustrato da Michele Vocino, inoltre, nel suo libro Primati del Regno di Napoli, c’è da aggiungere che in Italia la prima ferrovia, il primo telegrafo elettrico, il primo faro lenticolare, insieme con un gran numero di altre innovazioni nell’ingegneria e nell’industria, furono dovuti proprio alla Napoli dei

Aspetto multicolore vivo e sfaccettato della Napoli preunitaria

Borbone e in particolare all’energico Ferdinando II, altresì tacciato di essere un retrogrado dalla storiografia ufficiale post unitaria…6

Abbiamo scritto della Napoli odierna troppo spesso svilita dalla bassa ignoranza e doloso malanimo che affligge la Penisola, ma com’era la Napoli preunitaria, la trascorsa Napoli dei Borbone?

Il citato Harold Acton scrive nel suo poderoso saggio che a Napoli nel 1837 affluirono più di settemila stranieri, molti dei quali si fermarono per settimane, se non mesi o anni. Altri stranieri scelsero la città come luogo di cura, in cui ritornare ogni anno. Tali visitatori non erano ossessionati dal fattore tempo, come succede ai turisti di oggi, avendo più danaro da elargire a guide, cocchieri, albergatori, negozianti. L’industria del turismo, in Italia, cominciò a svilupparsi proprio a Napoli, onde i numerosi di libri di viaggi dell’epoca nei quali gli autori dedicavano a Napoli un maggior numero di capitoli, rispetto a tutte le altre città italiane.

Ecco in proposito le impressioni riportate nella capitale partenopea da James Fenimore Cooper7: “Il luogo è inesauribile in fatto di divertimenti all’aperto…Il molo e il lido che si stende dal Castel Nuovo sino al limite orientale della città, offrono straordinari spettacoli”, per concludere dopo aver trascorso l’estate a Sorrento, “considero in genere la popolazione di questo paese una delle più belle che io abbia mai veduto”.8

Più articolato il contributo fornito da Thomas Babington Macaulay, storico e politico britannico, giunto nel 1839 a Napoli dall’India, dove per quattro anni era stato membro del Consiglio Supremo Indiano. Queste le sue impressioni di attento scrutatore dei fatti umani e sociali: “Debbo dire che le descrizioni da me udite in precedenza erano molto imprecise. Qui ci sono meno mendicanti che a Roma e più industrie…Appena entrati a Napoli, vedrete uno stridente contrasto: una differenza come fra la domenica e il lunedì. Qui è evidente che la vita civile è la cosa più importante, mentre la religione è accessoria…Al momento attuale, le mie impressioni sono favorevolissime. Napoli è l’unica città d’Italia dove mi è parso ritrovare quella medesima specie di vitalità che si vede in tutte le grandi città d’Inghilterra. Roma e Pisa sono morte; Firenze non è morta, ma dorme; Napoli invece straripa di vita”.9

Questa era la Napoli preunitaria, come descritta da personaggi di chiaro spessore umano, politico e culturale, l’interrogativo perciò sorge spontaneo, si può dire davvero che la celebrata unità nazionale sia stata un grandioso beneficio per Napoli e l’intero Sud?

Aspetto multicolore vivo e sfaccettato della Napoli preunitaria

Francesco Antonio Schiraldi

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1 Harold Acton, Gli ultimi Borboni di Napoli, Giunti Martello, Firenze, 1962, pag.400 ss.
2 Harold Acton, ibidem, pag.12
3 Denis Mack Smith (1920 – 2017) è stato uno storico e biografo britannico specializzato nella storia d’Italia.
4 Harold Acton, ibidem, XV
5 Francesco Saverio Nitti (1958 – 1963) è stato un economista, politico, Presidente del Consiglio e più volte ministro.

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6 Michele Vocino (1881 – 1965) è stato un uomo politico e saggista, nel suo volume

7 James Fenimore Cooper (1789 – 1851) è stato uno scrittore statunitense molto popolare, la cui opera più famosa è il romanzo L’ultimo dei Mohicani, considerato da molti il suo capolavoro.
8 Harold Acton, Gli ultimi Borboni di Napoli, cit., pagg.176-177
9 Harold Acton, ibidem, pag.177